Curatori
Raphaëlle Blanga
Orari
Tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00
Info e biglietti
la mostra è compresa nel biglietto d'ingresso al museo.
Per tutti coloro che si presenteranno in biglietteria con il ticket dei parcheggi pubblici è prevista una riduzione.
Costo del biglietto ingresso museo+mostra: euro 5.00 per tutti gli occupanti del mezzo.
Inaugurazione
Mercoledì 21 maggio ore 18.00
Dal 22 maggio al 30 settembre 2025 la Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala presenta la mostra Jacob Hashimoto. Path to the sky a cura di Raphaëlle Blanga, esperta di arte moderna e contemporanea. L’installazione di Jacob Hashimoto sarà creata appositamente per l’architettura del complesso museale e sarà un omaggio dell’artista alla città di Siena. Path to the Sky accompagnerà le visitatrici e i visitatori attraverso la Corticella fino alla Strada interna, lungo un percorso che, con una cascata di piccoli aquiloni a simboleggiare un ponte illusorio tra terra e cielo, invita a sollevare lo sguardo verso un orizzonte più ampio. Il lavoro di Hashimoto risuona con l’essenza simbolica e fisica dello spazio che lo ospita, un tempo ricovero di pellegrini, luogo che ancora oggi accoglie artisti e visitatori nazionali e internazionali.
La mostra, curata Raphaëlle Blanga in collaborazione con la Galleria Studio la Città, è prodotta e organizzata dalla Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala con il supporto di Immagine Studio.
Path to the Sky di Jacob Hashimoto
Raphaëlle Blanga
Path to the Sky al Santa Maria della Scala è il risultato di interconnessioni e di sentieri che hanno preso forma dall’incontro di anime e pensieri condivisi.
Fui invitata a Siena dal Sindaco per una consulenza sulla programmazione di Arte Contemporanea per il Museo. Durante la mia visita all’immenso complesso, recentemente ristrutturato in alcuni dei suoi innumerevoli spazi, mi trovai immersa nella bellezza della mostra dedicata a Fausto Melotti e Italo Calvino, un autore indissolubilmente legato a questo luogo. Fin da subito, fui avvolta dal misticismo di questo spazio storico. I lunghi corridoi, le finestre con vista sulla scalinata del Duomo o sulla ‘corticella’, gli affreschi che decorano l’ entrata e il Pellegrinaio, che un tempo accoglieva i malati in una lunga fila di lettini di metallo, emanano una spiritualità palpabile. Santa Maria della Scala è stato per più di nove secoli un punto nevralgico della vita senese, un luogo intriso di storia, di racconti che continuano a risuonare nelle menti dei senesi. Le sue sale raccontano le molteplici stratificazioni della storia, come una narrazione che non smette di essere viva.
Tra tutti questi spazi, uno mi colpì particolarmente: scendendo al piano inferiore, mi ritrovai nella cosiddetta ‘corticella’ e nella ‘strada interna’, due luoghi che, grazie alla loro connessione tra interno ed esterno, tra cielo e terra, creano un dialogo profondo tra passato e presente. In quel momento affiorò una metafora spirituale: quel luogo sembrava rendere vive le persone che lo avevano attraversato e abitato temporaneamente, lasciando tracce impercettibili e intime del loro passaggio. Quasi come presenze invisibili, fuse nel mistero di quegli spazi.
Questa riflessione richiamò immediatamente alla mia mente il lavoro di Jacob Hashimoto, il cui impegno artistico esplora proprio le interconnessioni tra spazio e individuo. Le sue dense piogge di aquiloni, realizzati artigianalmente con carta giapponese e delicati telai di bambù, intrecciati da sottili fili di Dacron, sembrano dialogare in una sinfonia silenziosa con le architetture che li ospitano. Il suo lavoro coinvolge i visitatori in un’esperienza di interconnessione umane e spirituale, proprio come le vie e gli spazi del Santa Maria della Scala sembrano connettere chi li attraversa a qualcosa di più grande, a una dimensione trascendente che supera i limiti del tempo e dello spazio. L’intuizione di questa connessione con il lavoro di Jacob ha incontrato le tematiche care a Cristiano Leone, Presidente della Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala, per la nuova programmazione dedicata all’Arte Contemporanea in dialogo con gli spazi del museo, della città e della cittadinanza senese.
Jacob ha accolto l’invito del museo a visitare i luoghi ed immaginare una nuova installazione site specific scegliendo come luogo proprio lo spazio della ‘corticella’ e della ‘strada interna’. Da questa visita nacque l’idea di Path to the Sky: “I was personally thinking about the Santa Maria della Scala as a portal between life and death and the path to the sky was this way marked through the wilderness of warrens and hospital passages leading to infinity…”.
La parola Path in inglese racchiude un significato che abbraccia sia una dimensione fisica che una astratta: da un lato, un percorso tangibile, definito, come una strada; dall’altro, una direzione, un cammino, una via ideale scelta dall’individuo per la propria vita. Oltre alla dimensione fisica e ideale, Path evoca un senso di percorrenza, una sensazione che emerge anche nel Santa Maria della Scala mentre si attraversano le sue sale, esplorando i vari strati della sua storia. Una storia che è allo stesso tempo coerente e complessa, un passaggio che ha visto il luogo trasformarsi da spazio di culto a luogo di cura e accoglienza, fino a diventare oggi uno spazio d’arte, in un continuo processo evolutivo che si adatta e risponde alle esigenze di ogni epoca.
Queste stesse sensazioni, probabilmente, hanno risuonato anche in Jacob durante la sua visita, poiché i significati che permeano questo luogo, sia fisicamente che simbolicamente, sono gli stessi che caratterizzano il suo lavoro. La sua arte, infatti, è intrisa di questi percorsi, concreti ed astratti, che collegano il corpo, lo spazio e la dimensione spirituale, creando un dialogo continuo tra l’individuo e l’ambiente che lo circonda, in un movimento continuo.
I suoi paesaggi sono creati da file di piccoli aquiloni fatti a mano e composti a strati in una griglia, come piccoli pixel di un fotogramma, o come una tabella Excel composta da piccoli segni: una moderna filigrana. Jacob unisce in queste composizioni la pratica artigianale alla programmazione digitale, la visione tradizionale del paesaggio a quella astratta e moderna ricordando la lezione di Piet Mondrian, con il suo Broadway Boogie-Woogie, un’astrazione di paesaggio urbano dove velocità e rumore si riassumono in segni e geometrie.
Le sue composizioni invitano l’osservatore a creare il proprio percorso ideale, quello del pensiero e dell’anima, attraverso l’esperienza fisica e visiva dell’opera. Da esse emana il senso del lavoro manuale, del tempo intimo e personale, ma anche dello scorrere del tempo storico, che appartiene alla collettività, quello che ci unisce come comunità di individui connessi, legati dalla medesima terra che occupiamo, le medesime paure e in fondo anche le medesime speranze.
E noi, esseri viventi, siamo legati come i piccoli aquiloni di Jacob, uno dopo l’altro, ognuno nella propria direzione, ma connessi da un filo trasparente, trasparente quanto ideale, in un tutto che idealmente dovrebbe muovere il mondo fisico, etico e morale nella medesima direzione, un tutto armonioso, in cui ognuno serba le proprie caratteristiche, come gli aquiloni tra loro diversi, istoriati con immagini iconiche quali le onde, le nuvole, l’erba oppure semplici segni geometrici. Jacob ci dice che il tutto è fatto dal diverso, unito in un percorso comune, un fluido virtuoso, fatto di delicati passaggi nei luoghi creati dal genio dell’uomo e visitati da individui curiosi in cerca di partecipazione sensoriale.
Nel ciclo pittorico del lungo Pellegrinaio si trova un affresco del ‘Vecchietta’, uno degli artisti più importanti nel passaggio dal formalismo gotico al naturalismo rinascimentale a Siena. L’opera allegorica, intitolata Storia del Beato Sorore, rappresenta il fondatore leggendario dell'istituzione, che diventerà la più grande struttura ospedaliera del Medioevo e probabilmente la più antica d'Europa, insieme ai suoi gettatelli, idealmente accolti dalla Madonna in cima a una scala.
Di fronte a questo maestoso dipinto, sentii un ulteriore legame con l'opera di Jacob Hashimoto, e credo che la stessa intuizione lo abbia portato a concepire Path to the Sky.
Il Beato Sorore accoglieva nella sua fondazione gli orfanelli sotto la protezione della Vergine, offrendo loro rifugio e assistenza. Allo stesso modo, Jacob Hashimoto celebra questi stessi valori nel suo passaggio verso il cielo, un'opera che accoglie il visitatore con generosità. L'arte, con la sua capacità di ispirare e stimolare la riflessione, diventa la scala ideale per ascendere verso la salvezza.
Il Vasari sulle opere del Vecchietta chiosò “lavorati con somma grazia e condotti con buona pratica”, egli fu infatti artista poliedrico che lavorò prima come orefice, poi passò ai materiali quali il bronzo, il marmo, per poi dedicarsi alla pittura ad affresco e su tavola. Forse una metafora del lavoro di Jacob che incrocia il destino artistico di Lorenzo di Pietro in chiave moderna, passando dalla pittura alla scultura, dalla pratica manuale a quella digitale in un’esperienza sublime e generosa.
La vita e il lavoro di Jacob hanno una stretta connessione con l’Italia, nata da un forte sodalizio con Hélène de Franchis – fondatrice di Studio la Città a Verona - che vide per la prima volta il lavoro dell’artista: un’installazione site specific, al Museo di Arte Contemporanea di Chicago. Poco dopo si incontrarono per caso quando Hashimoto, agli inizi della sua carriera, lavorava come assistente da una gallerista americana amica di Hélène. Da allora sono passati 25 anni e Hashimoto continua ad essere rappresentato in esclusiva in Italia da Studio la Città. Ed è proprio in una mostra in galleria che ebbi la fortuna di incontrare il suo lavoro per la prima volta, per poi seguirlo nelle numerose mostre organizzate da Hélène de Franchis a Verona, Venezia, Roma e in fiera a Bologna con la grande installazione Armada composta da innumerevoli piccole barchette di legno. Il suo lavoro non ha mai smesso di suscitare stupore in me come in tutti gli osservatori che incontrai in quelle occasioni. Stupore dettato dall’eleganza esecutiva, dal coinvolgimento visivo fatto di semplicità ed accoglienza e dalla certezza che un significato profondo sottende all’attualità ed all’estetica del fare arte, solitario, originale, complesso e nel contempo di accesso immediato per un osservatore emotivamente aperto al coinvolgimento suscitato dalla creazione.
Jacob è un artista che vive appieno il proprio tempo. Con uno sguardo matematico egli integra giorno dopo giorno, nell’evoluzione della propria ricerca artistica, nuovi materiali e tecniche di digitalizzazione che rendono il suo vocabolario ed il suo linguaggio sempre più complesso e attuale. Questi nuovi strumenti combinati al lavoro manuale e artigianale prendono ad esempio forma nella scultura in poliuretano espanso Waterblock, oppure nei dipinti su tela come Past the Haze of the Sun che appaiono quali paesaggi divisionisti in chiave computerizzata.
Nel suo lavoro, come prendono forma solida gli elementi della natura quali il paesaggio, l’acqua, le onde, l’albero, le nuvole, prende forma la spiritualità intrinseca ad ogni elemento fisico.
Come Lucio Fontana suggerisce una propria agenda di impressioni giornaliere nelle iscrizioni a retro dei suoi Concetti Spaziali, Jacob compila una lista di frasi che poi mescola per comporre i titoli dei propri quadri They were already superstars oppure What has been all along oggi esposte lungo le pareti della ‘strada interna’. Questi non sono da intendersi come indicazioni per decodificare il senso del quadro, ma piuttosto suggerimenti letterari volti ad ingaggiare l’osservatore ad attraversare l’opera con le proprie emozioni. “They intend to force the viewer to engage their own imagination, their own personal narrative to craft meaning or narrative or questions through the juxtaposition of artwork and title.”
L’erba, le nuvole, le onde, disegnati mediante il collage di carte giapponesi su piccoli cerchi e rettangoli, sono le principali immagini iconiche che compongono i quadri a muro realizzati con molteplici strati di aquiloni che si sovrappongono per creare un’immagine densa ed ariosa e al contempo di paesaggio e astrazione. “Credo che le nuvole e altre immagini riconoscibili servano da semplice porta sul vocabolario dell’opera.”. L’uso della tecnologia digitale per la composizione matematica dei vari strati permette all’artista di lavorare alla resa finale del quadro con maggior precisione, economizzando il tempo necessario per poi poter dare il tocco finale all’intera creazione artigianale.
Il mondo di Jacob Hashimoto è un mondo di dialogo permanente tra il paesaggio e l’astrazione, tra il pensiero e la forma, tra l’artigiano ed il tecnico, tra il naturale e il digitale, tra l’immaginazione e la realizzazione, tra gli ambienti celesti e gli ambienti terrestri, tra l’uomo e la sua anima, tra l’individuo e la collettività. Un modo fatto di connessioni perpetue, mai slegate tra loro, ma equidistanti, fluttuanti nell’intento e nella realtà senza mai abbandonarsi al giogo dell’idea predominante.